L’ansia è un’emozione comune a tutte le persone e ha ricoperto un ruolo adattivo e fondamentale nella protezione della specie umana, predisponendo l’organismo a reagire repentinamente di fronte ai pericoli e alle minacce circostanti. La sua eliminazione, pertanto, non è né possibile né auspicabile. L’obiettivo principale nel trattamento dei disturbi d’ansia è ridurre la sua intensità, ricollocandola all’interno del range di normalità.
L’ansia, come tutte le emozioni, dovrebbe avere un carattere transitorio. Quando ciò non avviene, ma si sperimenta una permanenza dello stato ansioso, con buona probabilità alcuni fattori contribuiscono attivamente al suo mantenimento. Di seguito sono riportate delle caratteristiche specifiche che consentono di discriminare l’ansia adattiva da quella disadattiva o patologica.
1. Pensieri disfunzionali. Un’interpretazione erronea della situazione e del pericolo aumenta le emozioni di ansia e paura. È importante riconoscere se i pensieri associati a un determinato evento siano coerenti o esagerati, poiché i pensieri sproporzionati rispetto alla minaccia reale contribuiscono notevolmente ad amplificare la risposta emozionale.
2. Intensità esagerata. Le persone con ansia clinica manifestano un’ipersensibilità agli stimoli. I falsi allarmi, cioè quelle situazioni considerate prive di minaccia dalla maggior parte delle persone, elicitano risposte elevate di ansia in chi soffre di ansia intensa.
3. Persistenza della minaccia e del pericolo. Di tanto in tanto è normale avere delle preoccupazioni, ma chi soffre di un disturbo d’ansia sperimenta questa condizione in maniera costante e persistente tutti i giorni. In questo modo, aumenta il senso di apprensione soggettivo e la preoccupazione per il futuro, rispetto a pericoli percepiti che non si sono ancora verificati.
4. Interferenza. L’ansia clinica può compromettere il funzionamento quotidiano della persona in ambito lavorativo, scolastico, familiare, relazionale e/o sociale.
5. Ansia improvvisa o panico. È considerato del tutto normale sperimentare un momento improvviso di ansia intensa o di panico rispetto a una determinata situazione. Tuttavia, si parla di ansia patologica se ciò accade frequentemente e se la persona ha il timore persistente rispetto alla possibilità di provare nuovi attacchi di ansia intensa o di panico.
6. Generalizzazione. La risposta d’ansia che inizialmente è correlata a una specifica condizione, tende poi a diffondersi e a propagarsi anche nei confronti di altre situazioni, oggetti o persone.
7. Pensiero catastrofico. Le persone con ansia clinica tendono a fare previsioni catastrofiche rispetto a situazioni future che non si sono ancora presentate. Ad esempio: “Non ho preparato bene l’esame, andrà sicuramente male”, “Se continuo a preoccuparmi, impazzirò” oppure “Ho mal di testa, avrò qualcosa di grave”.
8. Evitamento. La soluzione immediata che comunemente si mette in atto per ridurre o eliminare la propria ansia, è evitare gli stimoli e le situazioni che ne aumentano l’intensità. Ciò riduce l’ansia nel breve termine ma a caro prezzo, contribuendo a mantenere il disturbo nel tempo. L’evitamento è considerato disfunzionale, poiché compromette il funzionamento della persona nella vita quotidiana e ostacola la risoluzione del problema.
9. Perdita della calma o della sicurezza. Chi soffre di ansia è maggiormente apprensivo e vulnerabile, fa fatica a rilassarsi, percepisce spesso il pericolo e la minaccia, perdendo la sensazione di sentirsi al sicuro.
Lo stress, le preoccupazioni quotidiane e gli eventi traumatici possono innalzare il normale livello dell’ansia, con ripercussioni significative a livello cognitivo, emotivo, comportamentale e fisiologico. Quando si presentano le caratteristiche sopracitate è consigliato rivolgersi a un professionista per un trattamento psicoterapeutico.
Clark, D.A., & Beck, A.T. (2010). Cognitive Therapy of Anxiety Disorders. Science and Practice. New York: The Guilford Press.
Clark, D.A., & Beck, A.T. (2016). Il manuale dell’ansia e delle preoccupazioni. Verona: Positive Press.